Anche a Castell’Arquato, all’indomani dell’8 settembre 1943, inizia un periodo di travaglio. Gradualmente si diffondano voci su gruppi di giovani e di antifascisti storici che avrebbero incominciano a riunirsi nelle osterie e in località dell’alta valle dell’Arda. Analogamente si diffondono voci su una sorta di rete di persone e di punti strategici verso i quali è possibile indirizzarsi per raggiungere misteriose bande di ribelli.
Particolarmente attivo a tale riguardo risulta essere Sergio Mojaisky, 40 anni, avvocato, comunista, futuro componente del Comando Unico provinciale dei partigiani, presente a Castell’Arquato probabilmente come sfollato.
Castell’Arquato porta della media e alta Val d’Arda
Il territorio di Castell’Arquato – al tempo 6.500 abitanti – costituisce la porta della Val d’Arda. Proprio qui si trovano le prime alture della vallata e la campagna circostante costituisce un punto obbligato per il transito di giovani provenienti dai centri urbani della pianura, decisi a raggiungere le formazioni partigiane. Ciò vale anche per i gruppi degli ex prigionieri slavi del campo di detenzione di Cortemaggiore, tornati liberi l’8 settembre ma in fuga dopo l’arrivo degli occupanti hitleriani.
Nel capoluogo la prima effettiva conferma dell’esistenza nella vallata di un movimento di resistenza armata si ha il 20 maggio 1944, quando un gruppo di partigiani non precisamente identificato, attacca il presidio tedesco acquartierato nell’edificio delle scuole.
Castell’Arquato “terra di nessuno”
E’ probabilmente da quel momento che quella di Castell’Arquato viene considerato dalle autorità nazifasciste come “zona partigiana” perché i presidi militari vengono ritirati (militi della Gnr e soldati tedeschi). Da segnalare, dopo quel fatto, una azione partigiana volta ad ottenere denaro dalla locale agenzia della Cassa di Risparmio, che si svolge con successo anche perché (secondo la testimonianza del figlio dell’allora direttore dell’agenzia) la direzione della banca aveva dato istruzioni agli uffici periferici di non opporsi a richieste di quella origine.
Inizia così il periodo in cui Castell’Arquato si caratterizza come “terra di nessuno”, ovvero senza nessun presidio permanente in paese, neanche da parte delle formazioni partigiane. I partigiani collocano però un loro posto di blocco poco a monte dell’abitato, presso la località Villa lungo la strada provinciale per Lugagnano. Inoltre, nel periodo di massima espansione delle formazioni partigiane, sulle colline adiacenti al paese hanno sede, più o meno fissa, dei distaccamenti partigiani e precisamente: a Monterosso, in sponda destra dell’Arda sulla dorsale tra Val d’Arda e Val d’Ongina, un distaccamento della 62a Brigata Garibaldi; in sponda sinistra, sulla dorsale tra Val d’Arda e Val Chiavenna, uno della 38a Brigata. Sulla sponda sinistra del torrente Chiavenna sarà invece attiva la 141a Brigata.
I paradossi della situazione
Nei mesi in cui nessuna delle due forze contrapposta presidia Castell’Arquato, capita anche che transitino nel paese contemporaneamente, senza peraltro incontrarsi, piccoli gruppi di partigiani e drappelli di forze nazifasciste. Con, però, almeno una rilevante eccezione. E’ presente nel paese una fabbrica di racchette da tennis, slittini e sedie a sdraio (la ditta Reanda). Nel luglio del 1944 giunge dalla Val Nure una squadra della 59a Brigata Garibaldi “Caio” che sorprende gli addetti di due autocarri tedeschi già caricati di quelle sedie. Senza sparare un colpo i partigiani s’impadroniscono del tutto e ritornano alla loro base con gli stessi autisti tedeschi alla guida dei due automezzi.
Alla direzione del Comune rimane il vecchio podestà Renato Guglieri, ma i partigiani hanno in pratica libero accesso agli uffici comunali per usare il telefono e ottenere informazioni; vi prelevano una macchina da scrivere di cui hanno bisogno nel loro Comando.
Castell’Arquato viene escluso dalla fornitura di generi alimentari e beni di consumo raccolti e gestito dall’ammasso provinciale ma il prefetto Guglieri, pur temendo di essere egli stesso arrestato, non esita ad inviare sui rappresentanti alla Prefettura di Piacenza per rivendicare, ma invano, i diritti del suo Comune.
Incursioni del “Carusson d’la vardura”
In quel periodo i militi della GNR fanno puntate da Fiorenzuola con il noto “Carusson d’la vardura”, ovvero una sorta di autoblindato realizzato con la blindatura, all’Arsenale di Piacenza, di un grosso autocarro. Tristemente famosa l’incursione del 25 agosto 1944, quando l’autoblinda, arrivata al curvone prima del ponte sull’Arda, senza che fosse accaduto alcunché spara, “per sicurezza” – in realtà per la solita tracotanza fascista – alcuni colpi di mitragliera verso Castell’Arquato, uccidendo il messo comunale Ennio Moroni che si trova a passare in una via per motivi di servizio.
In effetti l’unica vera battaglia che accade all’interno del paese è quella del 5 aprile 1945, quando una colonna di militari tedeschi tenta di far saltare il ponte sull’Arda per rallentare la ormai prossima discesa a valle dei partigiani per la liberazione anche di Piacenza. La pronta reazione degli uomini della 62a Brigata (intitolata all’arquatese Luigi Evangelista), e della 38a mette in fuga i militari tedeschi. Però in quello scontro perdono la vita anche cinque partigiani.
I partigiani arquatesi caduti nella lotta di Liberazione sono ben diciassette, alcuni nel territorio del proprio comune, altri in zone montane, a seguito di battaglie o dei rastrellamenti nazifascisti.
Il grande rastrellamento invernale 1944-’45
Particolarmente drammatico il grande rastrellamento invernale 1944-’45 anche per le formazioni partigiane a cui appartengono i resistenti arquatesi, costrette, dopo aver subito pesanti perdite, ad un temporaneo sbandamento.
Anche nel territorio di Castell’Arquato, come nel resto della Val d’Arda, gli attacchi iniziano il 6 gennaio 1945, ma i partigiani riescono a impedire il passaggio delle forze nemiche (fascisti, hitleriani e “mongoli”) per due giorni, dopo i quali i distaccamenti sono costretti a ritirarsi verso Lugagnano per evitare l’accerchiamento. In quel periodo si hanno molti morti, specie tra i partigiani che tentano di filtrare attraverso le linee nemiche per trovare rifugio verso la pianura piacentina o verso il cremonese.
Castell’Arquato passa sotto il controllo di un forte presidio “nazi-mongolo”: i militari tedeschi acquartierati in alto paese, nel basso paese i mongoli. La già caserma dei carabinieri nell’alto paese viene usata anche come prigione, in aggiunta a quella da anni funzionante presso la Rocca viscontea, tante sono le persone incarcerate e interrogate, alcune delle quali destinate poi ad una più dolorosa condizione.
Liberazione e nuova Amministrazione comunale
Addirittura già il 27 aprile 1945, giorno successivo alla discesa dei partigiani per la liberazione dei comuni della pianura e della città di Piacenza, a Castell’Arquato, nella piazza dell’alto paese, il podestà Guglieri, il segretario comunale Angelo Zelano, i componenti del CLN locale, finalmente non più clandestino, e buona parte della popolazione, assistono al passaggio dei poteri amministrativi e all’insediamento della nuova Giunta comunale, guidata dal sindaco Virginio Maccini. Questi amministratori sono ancora di nomina, questa volta da parte del CLN, espressione delle forze politiche antifasciste, ma inizia il percorso di costruzione della democrazia. Nel marzo del 1946 saranno direttamente i cittadini, uomini e donne, ad eleggere il Consiglio del proprio comune.
D. G.
PARTIGIANI ARQUATESI: 132
PARTIGIANI ARQUATESI CADUTI n. 17:
ALBINO VESCOVI, 62a Brigata, campo di Bolzano, m. per malattia 11/05/1945
ANGELO FERRI, 141a Brigata, caduto in combattimento 11/04/1945
AUGUSTO ROCCO SQUAGLIONI, 142a Brigata, caduto ai Guselli 04/12/1944
BRUNO STEVANI, 62a Brigata, campo di Mauthausen 28/03/1945
CARLO POLLORSI, 38a Brigata, medaglia d’argento, in combattimento 01/04/1944
ELIO SESENNA, 62a Brigata, fucilato 03/03/1945
ERMINIO ILLICA, 38a Brigata, caduto in combattimento 07/01/1944
FABIO CAMOZZI, 141a Brigata, fucilato 21/03/1945
FRANCESCO TRENCHI, 141a Brigata, caduto in combattimento 11/04/1945
GIOVANNI MAMBRINI, Brigata parmense, fucilato 20/04/1944
GUIDO LANDOTTI, 38a Brigata, caduto ai Guselli 04/12/1944
LUIGI CAMMI, 62a Brigata, caduto in combattimento 20/07/1944
LUIGI EVANGELISTA, 62a Brigata, medaglia di bronzo, fucilato 04/06/1944
PIETRO PERAZZI, 38a Brigata, caduto in combattimento 01/09/1944
PIETRO SESENNA, 62a Brigata, caduto in combattimento 07/01/1945
RODOLFO TRENCHI, 38a Brigata, caduto in combattimento 08/07/1944
*STEFAN ZDRACOVICH, aviazione jugoslava, fucilato 11/02/1945
*Stefan Zdravcovich, colonnello dell’aviazione jugoslava, dichiarato nel 1972 cittadino onorario di Castell’Arquato alla memoria.
Ex militari arquatesi di cui è noto l’internamento in Germania (IMI): ———–
Cippi e lapidi in memoria dei caduti partigiani nel territorio di Castell’Arquato
Dopo la Liberazione i caduti partigiani sono stati ricordati in lapidi e con cippi, posti in prevalenza nei luoghi stessi dei tragici eventi. Quelli collocati nel territorio di Castell’Arquato sono una quindicina e ricordano anche caduti non arquatesi.
- Nel monumento/sacrario sotto le volte del Palazzo del Podestà, una lapide in marmo porta inciso i nomi dei 17 caduti arquatesi.
- Una lapide nel cimitero di Vigolo Marchese ricorda i 5 caduti della frazione.
- Un cippo collocato lungo la provinciale C. Arquato-Lugagnano, all’altezza della località Madonna dell’Arda, ricorda la cattura di due partigiani catturati a Lugagnano, successivamente sottoposti a terribili torture e infine fucilati. Un’altra vittima dei nazifascisti è ricordata da un secondo cippo lungo la stessa strada, a ricordo un caduto di Monticelli d’Ongina.
- Quattro caduti sono ricordati da un cippo in località Crocetta.
- Sette caduti, tra il 7 e il 10 gennaio 1945 durante il grande rastrellamento invernale, sono ricordati da un cippo in località Case Mariani, fra cui la staffetta partigiana Lidia Gandolfi residente a Vernasca.
- Altro cippo in località I Doppi ricorda un caduto annoverato tra i partigiani di Fiorenzuola d’Arda.
- Un cippo collocato sul Monte Padova, tra Castell’Arquato e Lugagnano, ricorda un caduto partigiano di Fiorenzuola d’Arda
- Presso la diga di Mignano è posto un cippo che ricorda due caduti arquatesi,
- Sulla provinciale tra Vernasca e Castelnuovo Fogliani, vicino a Bacedasco Basso, è posto un cippo che ricorda un caduto di Monticelli d’Ongina.