Al momento della occupazione tedesca di Piacenza, il 9 settembre 1943, vengono catturati gran parte dei militari italiani. A quelli ancora in libertà viene ordinato, con manifesto del 12 settembre affisso nei diversi comuni, di presentarsi al Comando Militare Germanico entro il termine perentorio della fine del mese. La sorta dei militari italiani, decisa da Hitler, è quella della deportazione e dei lavori forzati in Germania.
Risorto nel frattempo il regime fascista e avviata la ricostituzione delle sue milizie, a cominciare dalla Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), sorge in Mussolini e nel suo ministro della difesa maresciallo Rodolfo Graziani l’ambizione di avere ai loro ordini pure un esercito da schierare ancora in campo a fianco di quello nazista. Dal mese di novembre vengono così a gravare sulla vita dei giovani italiani e degli ex militari non ancora finiti in Germania i bandi di reclutamento della Rsi.
I bandi della Rsi e la nascita della renitenza
Un primo bando, del 9 novembre ‘43, chiama alle armi i giovani delle classi 1923, 1924 e 1925. Un secondo, del 19 novembre, richiama in servizio gli ufficiali e sottoufficiali dalle classi 1898/1924 non finiti in mani tedesche. L’esito dei bandi è però disastroso per il regime di Salò, anche in provincia di Piacenza, particolarmente riguardo ai giovani di leva. La grande maggioranza di chi riceve la cartolina precetto non si presenta. Si rifiuta la guerra, si rifiuta di sostenere la Germania contro gli alleati angloamericani con i quali l’Italia aveva firmato l’armistizio reso pubblico l’8 settembre ’43. Si spera anzi che questi, sbarcati in Italia, ricaccino rapidamente dal Paese gli occupanti hitleriani. Si era inoltre visto con angoscia o sentito raccontare dei convogli carichi dei soldati italiani rastrellati e avviati dai tedeschi verso destinazioni ignote.
I bandi di reclutamento vengono quindi reiterati con nuove scadenze, convocando più avanti anche i giovanissimi nati nei primi due quadrimestri del 1926 e gli ex militari più anziani fino ai nati nel 1914. Si dispone, per chi non si presenta, l’arresto di un suo famigliare. Gli agenti della GNR – costituita accorpando i militi della vecchia MVSN fascista con i carabinieri, le cui stazioni sono capillarmente presenti nei comuni piacentini – sono incaricati di andare a prelevare i renitenti al reclutamento. Questi però non si fanno trovare a casa, si rifugiano da parenti o amici.
Le azioni repressive del regime
La GNR nella seconda metà di dicembre comincia ad attuare incursioni e rastrellamenti per la cattura dei renitenti, però con nulli o scarsi risultati. A Pecorara il bottino è l’arresto della madre di un renitente, portata nelle carceri di Borgonovo V.T. A Vernasca gli abitanti affrontano con armi di fortuna, quali forconi agricoli, gli agenti della GNR che rispondono con armi da fuoco ferendo due persone, ne arrestano poi undici. A Piozzano la popolazione tende al pullman della GNR l’agguato di Vidiano, nel quale rimangono uccisi due carabinieri; ne segue un più consistete rastrellamento che si conclude senza alcuna cattura di renitenti ma con l’arresto e la detenzione a Piacenza di diversi cittadini, compresi i quattro parroci della zona.
Il regime di Salò, per contrastare la renitenza arriva infine ad introdurre anche la pena di morte per i giovani che si sottraggono al reclutamento. Graziani il 22 febbraio ‘44 invia ai comandi di Distretto l’ordine di procedere immediatamente ai processi e all’esecuzione delle pene per i catturati che non si fossero presentati per la visita di leva o per il ritorno in servizio nel termine ultimativo dell’8 marzo. In provincia di Piacenza ne fa seguito l’eccidio di Chiulano dell’11 marzo ‘44, cioè la fucilazione di tre giovani catturati mentre stavano raggiungevano un gruppo di “ribelli” già presenti nell’alto territorio del comune di Vigolzone.
Dalla renitenza alla Resistenza
L’operazione reclutamento mette definitivamente quasi tutta la popolazione contro il ritornato regime fascista; di particolare importanza il fatto che ciò avvenga anche fra gli abitanti del territorio appenninico. Perché è li che molti dei renitenti di Piacenza e degli altri comuni della pianura, dopo l’intensificarsi della loro caccia ed il pericolo della fucilazione, cercano via via rifugio. Nasce così l’interesse comune dei giovani che provengono dalla pianura e di quelli locali, nonché delle famiglie di questi, a contrastare la presenza delle forze nazifasciste. I primi nuclei di resistenti promossi dai vecchi antifascisti e quelli costituiti dagli ex prigionieri stranieri si ingrossano, altri ne nascono. Anche ex ufficiali piacentini disertori dal richiamo in servizio con la Rsi, e pure semplici ex militari con esperienza di guerra, diventano i capi di quelle che vengono chiamate bande di ribelli, le bande partigiane. Alcune prime azioni di resistenza armata vengono compiute nel mese di marzo; con l’inizio di giugno, tramite il massiccio apporto dei renitenti, cominciano a formarsi le prime brigate partigiane. Si è osservato che i bandi di Salò sono stati i migliori strumenti di reclutamento per il partigianato.
Dati sui renitenti e resistenti
Per l’intero territorio della Rsi, su 186.00 cartoline precetto inviate, dati ufficiali dicono che i giovani presentatisi sono solo 51.162. Inoltre diversi di questi fuggono poi dalle caserme e dai corpi di destinazione.
Per la provincia di Piacenza il numero dei giovani renitenti a fine luglio 1944 è precisamente indicato nel numero di ben 9.768 da una relazione del prefetto fascista Mario Piazzesi, nella quale viene riferita anche la diserzione dal sevizio di circa 200 carabinieri. Hanno disertato in particolare dopo la fusione della loro arma con la fascista MVSN nella GNR e perché comandati di dare la caccia ai renitenti. Molti di questi carabinieri entrano nelle formazioni partigiane.
Non tutti i giovani renitenti diventano dei combattenti della lotta di Liberazione, ma la maggioranza di essi. Infatti, dei quasi ottomila partigiani ufficialmente riconosciuti la classe di più numerosa è quella del 1925, che da sola ne costituisce un quinto, giovani affluiti in montagna soprattutto tra la primavera e l’estate 1944. Nel complesso, le adesioni dei renitenti al movimento partigiano entro l’estate ’44 sono stimate in 5.000. Altri si aggiungeranno più avanti.
A. G.
Allegato
Estratto da una relazione del prefetto di Piacenza, M. Piazzesi, del 15.8.1944