L’Agguato di Vidiano

AGGUATO DI VIDIANO

L’agguato di Vidiano, il 24 gennaio 1944, costituisce, in provincia di Piacenza, il primo episodio di resistenza armata collettiva al regime fascista di Salò. Episodio particolarmente significativo anche perché a fronteggiare i 15  agenti della GNR, giunti da Piacenza nel territorio del comune di Piozzano per catturare  i locali renitenti alla leva della RSI, non è una formazione partigiana ma la stessa popolazione locale, giovani e anziani forniti in gran parte di fucili da caccia.

Due i militari colpiti a morte, quattro i feriti, tutti rinviati subito a Piacenza con l’automezzo con cui erano arrivati. Dalla città  parte subito un grosso contingente militare che passa al setaccio la zona, ma senza individuare i responsabili dell’agguato e reperire i renitenti. Preleva comunque una ventina di abitanti, fra cui due parroci, e li porta in carcere a Piacenza per interrogatori.

Una spedizione per prelevare i renitenti del comune di Piozzano

Anche nel comune di Piozzano la quasi totalità dei giovani non risponde alla “cartolina precetto” a presentarsi per l’arruolamento nell’esercito della fascista RSI.

Gli agenti della sede di Agazzano, competente anche per Piozzano, della nuova polizia militare, la GNR, costituita con l’accorpamento di carabinieri e dei militi della MVSN mussoliniana, si dimostrano non in grado di far giungere quei giovani al Distretto militare di Piacenza. Viene allora organizzata direttamente dalla città una spedizione per il prelievo di forza dei renitenti alla leva o, in loro assenza, dei rispettivi capifamiglia da mettere in carcerare  come ostaggi in attesa che si presentino i figli.

E’ il 24 gennaio 1944 e meta della spedizione sono le popolose parrocchie rurali di Vidiano, San Nazzaro e Groppo Arcelli, dove abitano una quarantina di giovani renitenti e alcuni ex militari sottrattisi l’8 settembre ’43 alla cattura tedesca e al successivo richiamo in servizio.

L’agguato di Vidiano

L’autobus militare, con 12 appartenenti alla GNR, tutti carabinieri, compreso il comandante, sottotenente Giovanni Pinardi , parte da Piacenza quando è ancora buio.  Ad Agazzano salgono sull’automezzo altri tre carabinieri, mentre non si uniscono alla spedizione il comandante della Stazione,  maresciallo Giuseppe Ghidoni,  né gli esponenti miliziani della GNR.

Passando da Piozzano l’automezzo sale verso Vidiano. All’uscita dell’ultima stretta curva, prima della biforcazione della strada fra Vidiano e S. Nazzaro – Groppo, una nutrita scarica di fucileria colpisce l’automezzo davanti e sui fianchi. L’autobus si ferma, alcuni dei militari si precipitano alle porte e si posiziono per rispondere al fuoco, ma sono investiti da una nuova scarica. Si arrendono, ma già sono stati colpiti a morte il vice brigadiere Falbo Giovanni ed il carabiniere Ermenegildo Carpanese. Altri quattro sono rimasti feriti.

I protagonisti dell’agguato

Era avvenuto che il maresciallo Ghidoni,  dopo aver cercato inutilmente, con un rapporto scritto, di dissuadere il Comando provinciale della GNR dall’attuare l’incursione nel comune di Piozzano, sottolineando che la popolazione si sarebbe “irritata”, venuto poi al corrente della spedizione da Piacenza, aveva fatto in modo, tramite i parroci della zona,  che gli interessati, renitenti e capifamiglia, ne fossero preavvertiti.

Avvertire i ricercati affinché potessero allontanarsi dall’abitazione e sottrarsi all’arresto,  era un comportamento tenuto anche in altri comuni della provincia da carabinieri che non gradivano essere utilizzati di fatto al servizio delle forze militari germaniche.

Questa volta però le persone prese di mira decisero di non fuggire ma di fronteggiare con le armi chi era alla loro caccia. La dettagliata relazione sui fatti del 24 gennaio del comandante della GNR-Compagnia Carabinieri di Piacenza – allegata a questa voce dell’enciclopedia – parla di una partecipazione all’agguato di “elementi di tutte le età” e, evidentemente  al fine di giustificarne l’esito, li fa assommare a “circa 150 armati, 60 dei quali con moschetto militare”. In realtà i partecipanti non superano la trentina, mentre molte altre persone arrivano  sul luogo a cose fatte e per curiosità.

Partecipanti quasi tutti armati di fucili da caccia.  Secondo la memoria scritta dal parroco di Groppo, Don Giuseppe Varesi, i moschetti, modello ’99, erano quattro, “presi alle guardie della polveriera di Cantone (situata in parte nel comune di Piozzano) durante lo sbandamento dell’esercito” dopo l’8 settembre ‘43.

A fronteggiare i militari della GNR più che giovani renitenti, inesperti all’uso delle armi, vi erano soggetti di maggior età, addestrati dalle guerre del Duce. Pensavano, scriverà don Varesi, che stessero arrivando non tanto dei carabinieri ma militi fascisti.

Era una iniziativa dunque scaturita dalla comunità locale, ma con alcuni soggetti in funzione trainante. Questi avevano già cominciato a ritrovarsi al caseggiato di La Sanese e a suo tempo provveduto a recuperare i moschetti abbandonati dai soldati in fuga. Con l’apporto dei fratelli Albasi, proprietari dell’azienda agricola La Sanese, vanno infine a costituire uno dei due nuclei iniziali (l’altro formato da ex carabinieri) della formazione  partigiana al comando del già tenente dei carabinieri Fausto Cossu.

Dopo l’agguato, il primo grande rastrellamento nazifascista della provincia.

Che l’agguato di Vidiano avesse comunque un carattere di spontaneità e improvvisazione è evidenziato dal fatto che, mentre gli 8 carabinieri incolumi, comproeso il sottotenente Pinardi, sono portati nella rocca dell’Ardara, 6 chilometri oltre il luogo dell’agguato, e lasciati liberi già la sera, l’autista dell’autobus militare è subito incaricato di portare i feriti a Piacenza per le necessarie cure. Cosi, già alle ore 10 dello stesso giorno le autorità fasciste della città vengono a conoscenza di quanto accaduto a Vidiano, si rivolgono per aiuto al comando tedesco e con questo organizzano il primo grande rastrellamento anti ribelli del territorio piacentino, con un complesso di 210 militari al comando di un capitano germanico.

Il territorio di Piozzano viene passato al setaccio. Spari, lancio di bombe a mano verso il folto della vegetazione, razzie. Panico fra gli abitanti che abbandono le loro case e si rifugiano nei boschi, bovini condotti dai contadini fin oltre il crinale verso la Val Trebbia. Ma anche solidarietà e ferma unità della popolazione contro gli invasori, che non riescono  infatti ad individuare e catturare nessun autore dell’agguato, nessun ribelle, nessun renitente. Prendono allora e conducono in carcere a Piacenza una ventina di capifamiglia ed i parroci di Groppo e di San Nazzaro, per interrogatori dai quali non ricevono alcuna indicazione utile. I due parroci sono liberati dopo una settimana, i restanti abitanti dopo un periodo di carcere più lungo.

Le vicende del gennaio 1944, contribuiranno a fare di Piozzano uno dei territori di più rilevante presenta partigiana della provincia. Il parroco di Vidiano, don Antonio Carini, diverrà il Cappellano della Divisione partigiana diretta da Fausto Cossu.

AGGUATO DI VIDIANO

Bibliografia e fonti

  • VV., Nella bufera della Resistenza, (Memorie dei parroci della Val Luretta, da pag. 143 a pag. 190,Tipografia Columba, Bobbio, 1985.
  • Guderzo Giulio, l’altra guerra, pagg. 149 e 150, Il Mulino, Bologna, 2022.
  • GNR- Compagnia interna carabinieri di Piacenza, “Rapporto relativo ad azione di fuoco condotta da ribelli, nel comune di Piozzano, contro militari dell’Arma il 24 gennaio 1944”, del 19 febbraio 1944, in Collezione di documenti di Cristiano Maggi di San Giogio P.no.

Interviste di alcuni testimoni diretti dell’agguato di Vidiano, effettuati da Romano Repetti in funzione del testo pubblicato dal quotidiano Libertà del 22 gennaio 2014, a firma dello stesso con il titolo “Un doloroso fatto di sangue e anche un vagito di Resistenza”.

Documenti collegati

Rapporto della GNR-Compagnia Carabinieri di Piacenza