9 Settembre 1943. La Resistenza militare

Carro armato italiano M 21 leggero
Carro armato tedesco Tigre

 

Piacenza è una delle poche città capoluogo di cui, il 9 settembre 1943, i comandi militari locali organizzano la difesa dalle forze hitleriane in arrivo per assumerne il controllo.
Nel corso della mattinata si svolgono combattimenti sanguinosi, in particolare nell’area di barriera Genova, dove sono impegnati gli artiglieri al comando del colonnello Dante Coperchini.
L’armamento italiano non regge però il confronto con quello dei reparti tedeschi, che mettono in campo anche l’aviazione dell’aeroporto di San Damiano già in mano alla Luftwaffe.
Dopo 31 vittime fra i militari italiani e numerosi feriti, nonché un aggiramento delle postazioni a difesa della città, verso le ore 12 il generale Assanti comunica al comandante nemico la resa.

 Le forze della Wehrmacht

Sono due battaglioni potentemente armati della 94a divisione di fanteria, più un gruppo d’artiglierie da campo, un reparto del genio e almeno un carro “Tigre”. Possono inoltre contare sull’intervento di aerei Junkers dall’aeroporto militare di S. Damiano.

Quella divisione è reduce dal fronte russo e già inviata in Italia prima dell’8 settembre per realizzare l’”Operazione Alarico” predisposta dallo Wehrmacht in previsione dell’armistizio italiano con gli Alleati. Le forze tedesche si avvicinano a Piacenza da Rottofreno lungo la via Emilia Pavese.

Forza e dislocazione dei reparti italiani per la difesa della città

Tradizionale sede di unità militari, anche nel settembre 1943 sono di stanza a Piacenza reparti di tre reggimenti: il 21° di artiglieria nella caserma di Stradone Farnese, il 2° pontieri in quella di piazza Cittadella, il 65° di fanteria nella caserma di S. Antonio. Più gli addetti al deposito del 4° reggimento d’Artiglieria d’Armata, in viale Malta, due gruppi carristi con tre carri leggeri M 21 (con sola mitragliatrice) e una compagnia allievi artificieri all’Arsenale. Nelle caserme sono presenti alcune migliaia di uomini, fra cui però reclute e richiamati non ancora equipaggiati. Le forze operative italiane numericamente sono superiori a quelle tedesche, ma con armamento inferiore.

Piacenza è sede, in via Roma 74, del Comando Militare di Zona, che comprende anche a Parma e Cremona, con a capo il generale di divisione Rosario Assanti (1884 – 1960). E’ lui che nella notte del 9 settembre, sentito il comando superiore a Milano, dispone di fronteggiare le forze nemiche in arrivo. Frettolosamente si apprestano le  postazioni a difesa della città. Indichiamo le maggiori.

Il ponte sul Trebbia della via Emilia Pavese viene presidiato dagli uomini del 65° di fanteria. Barriera Roma e barriera Farnesiana da quelli del 21° di artiglieria. Per la difesa di Barriera Genova, in cui sboccano le strade della Val Trebbia, della Val Nure  e di Gossolengo, il colonnello Dante Coperchini, con gli uomini del 4° predispone nel piazzale due postazioni di mitragliatrici e invia pattuglie in posizioni più avanzate.

Le operazioni. I combattimenti a Barriera Genova

Il contingente della Wehrmacht in arrivo alle ore 6 da S. Nicolò è bloccato sulla via Emilia Paese al ponte sul Trebbia. Ma mentre vengono scambiati colpi in quel punto,  parte consistente delle forze tedesche, compresi cannoni e carro armato, risalgono il territorio a sinistra del Trebbia. Alcune pattuglie s’infiltrano sulla destra del fiume già a valle di Gossolengo, il grosso delle forze supera più tardi il fiume sul ponte di Statto, non ostacolato da un locale gruppo d’artiglieria italiano.

Le pattuglie tedesche in arrivo da Gossolengo si avvicinarono a barriera Genova scontrandosi con una italiana. Intanto, anche per guadagnar tempo in attesa dell’arrivo della colonna da Rivergaro, un ufficiale tedesco al ponte sul Trebbia chiede di essere messo in contatto con il capo delle forze italiane per parlamentare. In auto viene condotto al Comando di  Zona di via Roma. Avanza la consueta intimazione delle forze tedesche calate in Italia: cedere le armi, diventare collaboratori degli occupanti o andarsene liberi, altrimenti Piacenza sarebbe stata bombardata. Il generale Assanti rifiuta quella resa.

Le avanguardie tedesche si attestano nei pressi di piazzale Genova e aprono un fuoco di mitragliatrici contro le due postazioni predisposte dal col. Coperchini che rispondono al fuoco. Primi morti e feriti. Su sollecitazione del col. Coperchini arrivano in aiuto  due carri  M 21, che inizialmente sono efficaci nel tener lontano gli attaccanti, ma con l’arrivo  dell’artiglieria tedesca da Rivergaro uno viene immobilizzato da un colpo di cannone. Comunque i militari italiani non cedono e allora  i tedeschi fanno intervenire un aereo da San Damiano che passa tre volte sull’area, distruggendo con le sue bombe il secondo carro e seminando morte fra i militari che continuano a tenere la posizione. Viene colpito a morte anche il col. Coperchini sempre presente a dirigere i suoi uomini.

Verso le 11,30 l’attacco tedesco finale e l’eliminazione delle postazioni italiane in piazzale Genova con l’apporto del carro Tigre, che poi mette anche fuori gioco in via XXIV Maggio il terzo M21 posto a  difesa dell’ingresso ferroviario dell’arsenale. Contemporaneamente un altro raggruppamento tedesco investe barriera Torino, aggira, percorrendo via Taverna, gli insediamenti militari posti su viale Malta – arsenale, direzione d’artiglieria, deposito del 4° reggimento d’artiglieria – e poi li attacca in successione abbattendone con colpi di cannone i portoni d’ingresso.

La resa, il conto delle vittime, la deportazione dei militari italiani   

Mentre è ancora in atto l’attacco al deposito del 4° di artiglieria, una colonna tedesca, con il comandante maggiore Habriger, percorre corso Vittorio Emanuele, preceduta dal carro armato Tigre che spara ancora due colpi verso piazza dei  Cavalli, affiancato da soldati che con le loro sventagliate di mitra uccidono l’ultima delle cinque vittime civili di questa giornata.

In piazza, con altri due ufficiali del Comando Zona e un soldato che alza un drappo bianco, c’è il generale Rosario Assanti, che poco prima ha dato ai reparti italiani l’ordine di arrendersi. Con le forze militari al suo comando aveva fatto il suo dovere di difensore della Patria, anche se con una inevitabile improvvisazione organizzativa. Dovere a cui erano venuti meno invece il re Vittorio Emanuele III, il governo Badoglio e i vertici militari nazionali, che avrebbero dovuto attivare per tempo l’organizzazione della difesa del territorio nazionale dalla prevista invasione della Germania nazista.

Dopo aver preso il controllo della città, i vincitori procedono alla cattura e alla deportazione dei militari italiani. Assanti fugge in abiti civili il 14 settembre e va a vivere a Milano dove, da laureato in chimica com’è, si guadagna da vivere come farmacista.

Vittime di quella prima Resistenza sono 31 militari italiani e 5 civili. Almeno una cinquantina fra mutilati e feriti.

Alcuni elementi significativi della biografia del colonnello Dante Coperchini. Nato nel 1890 nel comune parmense di Noceto, padre carrettiere, non è un ufficiale di carriera ma un ingegnere civile. Nel primo dopoguerra a Parma è stato un militante del Partito Popolare. Chiamato al servizio militare nella prima e nella seconda guerra mondiale, diventa ufficiale superiore solo per meriti di servizio. Già da sottotenente di complemento gli era stata conferita una Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Piacentini protagonisti in altri episodi di resistenza militare antinazista

Non furono particolarmente militari locali i protagonisti della resistenza militare del 9 settembre ‘43 a Piacenza. I soldati e gli ufficiali piacentini erano dislocati  in altre  zone italiane e in territori stranieri a quel tempo occupati dall’esercito dell’Italia fascista.  Contribuirono lì ad altri importanti episodi della resistenza militare. Era piacentino, di Gropparello, il sottotenente Ettore Rosso (1920- 1943) che bloccò e costrinse al ritiro con gravi perdite una colonna tedesca in marcia sulla via Cassia verso Roma, sacrificandosi per far esplodere davanti a quella colonna uno sbarramento di automezzi carichi di mine. Era piacentino, di Vernasca, il colonnello Luigi Lusignani (1896-1943) che sull’isola di Corfù, al comando del 18° reggimento della Divisione Acqui, respinse la resa e non esitò a combattere contro i tedeschi, che ebbero la meglio dopo 12 giorni per l’intervento della loro aviazione. Entrambi furono poi fucilati dai tedeschi. Alla loro memora la  Repubblica Italiana conferì la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

                                                                                                                                                                                                                     R. R.

Bibliografia

  • Camilla Dresda, Barriera Genova, il fatto d’arme del 9 sett. 1943, PIACENZA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE – MONOGRAFIA n. 2, a cura del Comitato provinciale A.N.P.I. Piacenza, 1977.
  • Comitato provinciale A.N.P.I. Piacenza, Come si giunse all’armistizio dell’8 settembre 1943, PIACENZA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE – VOLUME I, 1976.
  • Giulio Cattivelli, La guerra di Cat, a c. di Stefano Pareti, Scritture, 2012.
  • Ermanno Mariani, Stuka su Piazza Cavalli – Nascita della Resistenza nel Piacentino“, Pontebobbo, 2016.

 

Bibliografia

  • Camilla Dresda, Barriera Genova, il fatto d’arme del 9 sett. 1943, PIACENZA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE – MONOGRAFIA N. 2, a cura del Comitato provinciale A.N.P.I. Piacenza, 1977.
  • Comitato provinciale A.N.P.I. Piacenza, Come si giunse all’armistizio dell’8 settembre 1943, PIACENZA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE – VOLUME I, 1976.
  • Giulio Cattivelli, La guerra di Cat, a c. di Stefano Pareti, Scritture, 2012.