Bobbio è il primo centro urbano con rango di città del nord Italia ad essere liberato dai partigiani, il 7 luglio 1944. In considerazione della sua strategica posizione geografica la cittadina viene però rioccupata, a fine agosto, da reparti della Divisone Monterosa della Rsi, nuovamente liberata dai partigiani il 22 ottobre e rioccupata il 27 novembre nel corso del rastrellamento della Divisione tedesca Turkestan, liberata definitivamente dai partigiani il 3 marzo 1945.
Il capoluogo della Val Trebbia ed il suo territorio sono di conseguenza luoghi di intense e cruenti vicende resistenziali. Ma anche di una rilevante esperienza di autogoverno democratico, quella che venne in seguito definita la “Libera Repubblica di Bobbio”
Una cittadina in posizione strategica
Bobbio, centro urbano all’incrocio fra la strada statale della Val trebbia che collega Genova con Piacenza e quella che, attraverso il passo del Penice, porta a Voghera, costituisce per le forze militari nazifasciste un punto strategico da non lasciare in mano ai partigiani.
Però il territorio montano che circonda il capoluogo e la sua fitta rete di paesi nei quali vivono, nel 1943, oltre i due terzi dei circa 7.000 abitanti del comune, agevolano la presenza dei partigiani e una loro improvvisa calata sul capoluogo.
Dopo l’8 settembre ’43 arriva a Bobbio una squadra tedesca con un sottufficiale che assume la direzione della quarantina di militi italiani del centro per la Difesa Contraerea Territoriale (DICAT). collocato nel palazzo Malaspina. La caserma dei carabinieri diviene sede della GNR fascista.
La “Libera Repubblica di Bobbio”
Bobbio ha titolo di città, è sede di diocesi, di pretura e altri uffici circondariali, nonché di un istituto magistrale nel quale durante la guerra si sviluppa l’antifascismo. I primi giovanissimi aderenti al movimento partigiano provengono da lì. Alcuni dei diplomati maestri, arruolati in guerra come ufficiali di complemento, dopo l’8 settembre ’43 si sottraggono al servizio del regime fascista di Salò e nella primavera del ’44 si mettono alla testa dei partigiani della zona : Virgilio Guerci, Italo Londei, più avanti Giuseppe Follini.
Il primo smacco le forze nazifasciste lo subiscono all’alba del 4 giugno ’44, quando sei partigiani della Banda Gaspare scendono da Marsaglia, entrarono nell’edificio della Dicat, sorprendono nel sonno i soldati, li immobilizzano e si portarono via tutte le loro armi e le munizioni.
Il giorno 7 del mese successivo, pressati dai gruppi partigiani di Guerci e Londei, i militari di presidio si sottraggono al combattimento rifugiandosi a Piacenza. Bobbio è così il primo centro urbano del Nord Italia con rango di città sottratto dai partigiani ai nazifascisti.
Si costituisce una “reggenza politico-ammnistrativa” di 14 membri, con rappresentanti dei partiti antifascisti ed esponenti delle professioni intellettuali. I bobbiesi vivono così per qualche tempo l’esperienza di libertà e autogoverno che verrà poi definita «Libera Repubblica di Bobbio».
Il capoluogo della val Trebbia diviene anche un centro di collaborazione fra i partigiani piacentini, quelli dell’Oltrepò pavese e quelli liguri dell’alta Val Trebbia e Val d’Aveto, perché dispone di servizi mancanti negli altri comuni appenninici, fra cui un ospedale e due piccole tipografie.
Militari di due divisioni nazifasciste alla riconquista di Bobbio
Verso la fine dell’agosto ‘44 giungono però, a riconquistare Bobbio ed il controllo della statale della Val Trebbia, i militari della Divisione Alpina Monterosa, addestrati ed armati in Germania. I partigiani fronteggiano prima di passo Penice il contingente misto italo-tedesco in arrivo da Varzi, ma dopo aver subito morti e feriti devono ripiegare, abbandonare Bobbio e ritirarsi in luoghi di montagna lontani dalle vie di comunicazione.
Bobbio viene presidiato da un battaglione di alpini, ma nelle settimane seguenti diversi di essi via via disertano dalla Monterosa e si uniscono ai partigiani. Con 245 di quegli alpini, Londei può costituire una nuova brigata partigiana, la VII della Divisione al comando di Fausto Cossu.
Il presidio militare d’occupazione s’indebolisce e, per evitare l’attacco partigiano, il 22 ottobre abbandona Bobbio, che torna libero comune.
Alla fine di novembre è l’esercito tedesco ad organizzare di propria iniziativa un potente e generale rastrellamento antipartigiano, con una intera sua divisione, la Turkestan, e tutti i corpi militari disponibili della Rsi. Bobbio viene investito il 27 novembre, anche questa volta da passo Penice, mentre si diffondono le voci sulle brutalità che sarebbero compiute dai soldati “mongoli” della Turkestan.
Sono giorni di incubo per la popolazione bobbiese e di dramma per i partigiani, travolti con molte perdite e costretti, nel rigido inverno, a cercare rifugio nelle zone montane più alte.
Tuttavia Bobbio è l’unico centro urbano piacentino dal quale si tenta già il 7 dicembre del ’44 di cacciare i nuovi occupanti. Lo fanno temerari scesi dalla Val d’Aveto al comando di “Istriano”. Con un iniziale successo, che costringe i militari di presidio a Bobbio a rifugiarsi nel centrale Albergo Barone. L’arrivo di rinforzi nemici costringe però i partigiani ad una sanguinosa ritirata: due sono colpiti a morte, quattro catturati e subito fucilati in P.za S. Francesco.
La Brigata partigiana “Caio” al comando d’“Istriano”, comprende alcuni bobbiesi fra cui il medico Carlo Tagliani che ha organizzato e gestisce un ospedale partigiano a S. Stefano d’Aveto, e la giovane Maria Macellari che lo aiuta e che in seguito, andata in cerca di medicinali nelle farmacie verso Chiavari, è identificata e uccisa dai fascisti.
Dopo settimane terribili, la terza liberazione e la vittoria partigiana
Frantumati in piccoli gruppi, nascosti in luoghi che dall’inizio del gennaio ’45 sono coperti da un alto manto di neve, ricercati, qualcuno catturato e sottoposto a Bobbio a duri interrogatori, i partigiani del territorio bobbiese e i loro comandanti all’inizio del febbraio ’45 riannodano le fila e tornano a minacciare le forze nazifasciste che occupano Bobbio. Il 3 marzo 1945 il capoluogo della Val Trebbia torna libero per la terza volta, e i suoi partigiani concorrono poi, fra il 26 e 28 aprile, anche alla liberazione del capoluogo provinciale, a cui segue la resa della Germania nazista e la fine del fascismo in Italia
Di seguito è indicato il numero dei partigiani bobbiesi e il nome dei caduti, ma altri bobbiesi hanno concorso direttamente alla Resistenza, in particolare i militari che si trovavano nel ruolo di occupanti in altri Paesi europei e che dopo l’8 settembre 1943 non si sono arresi alle forze tedesche e si sono invece uniti ai partigiani locali. Ma anche i bobbiesi che furono catturati ed internati in Germania – gli IMI – e non hanno accettato di essere reclutati nelle nuove divisioni mussoliniane. Da ricordare inoltre una particolare figura di bobbiese, Il generale Giuseppe Bellocchio, componente per alcuni mesi a Milano del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà e poi capo del Comando Piazza partigiano di quella città capitale della Resistenza.
Partigiani di origine bobbiese: n. 104.
Partigiani caduti, nati o residenti a Bobbio: n. 11:
BELLOCCHIO GIUSEPPE
BONGIORNI GIANCARLO
LIVIONI LUCIANO
MACELLARI MARIA
MONFASANI ARMANDO
NODI PIETRO
PLATE’ AUGUSTO (AGOSTINO)
REPETTI PIETRO (PIERINO)
RIDELLA GIOVANNI
TAGLIANI EMILIO
UCCELLI ENZO
Militari bobbiesi che hanno aderito alla Resistenza in altri Paesi.
Nella Divisione partigiana Garibaldi costituitasi in Montenegro:
- BELLOCCHIO CESARE (1917- caduto l’8 marzo 1944 a Vlasenica (Bosnia), Medaglia d’Argento al Valor Miliare).
- Bianchi Paolo
Bobbiesi di cui è noto l’internamento in Germania (IMI): n. 110
Testimonianze della lotta partigiana
Lapidi e cippi ricordano siti e fatti rilevanti della lotta partigiana nel comune di Bobbio
A Bobbio
- Parco della Resistenza. E’ il nome dato al giardino che fiancheggia Piazza S. Francesco all’ingresso del centro della cittadina Vi si trova il monumento a memoria dei caduti nelle guerre del Novecento. Una lapide elenca i nomi dei dieci martiri bobbiesi della lotta di Liberazione 1943-’45. Un grande pannello illustra in sintesi la storia della Resistenza nel comune di Bobbio.
- Il generale bobbiese degli alpini Giuseppe Bellocchio, membro a Milano del Comando generale del Corpo Volontari della Libertà a fianco di Ferrucci Parri e Luigi Longo. – Lapide in Piazzetta S. Chiara, sulla facciata del Municipio.
- La Tipografia Repetti che, assieme alla tipografia Bellocchio, stampò nel 1944-’45 diversi numeri di giornali partigiani. – Targa in Contrada Buelli nei pressi del Municipio.
Nel territorio bobbiese
- Eccidio di due giovani partigiani a Rio Foglino – Aldilà del Ponte Gobbo, cippo a 300 m. a destra a fianco della stradale
- Eccidio di due giovani partigiani presso Fasso, nella Valle degli Scotti (Parrocchia di Mezzano Scotti.)
- Pietra Parcellara, lapide a ricordo di due partigiani uccisi dalle SS italiane.
● Partigiani di Dezza – Lapide all’inizio della frazione.