Francesco Daveri (1903-1945)

Francesco Daveri
Francesco Daveri

Francesco Daveri va ricordato come uno dei più autorevoli rappresentanti del cattolicesimo democratico piacentino della prima metà del Novecento.  Formatosi nelle file dell’Azione Cattolica, maturò profondi convincimenti antifascisti che mise a frutto negli anni del regime di Salò. La costituzione del CLN provinciale, il passaggio all’azione politica clandestina, l’esilio in Svizzera e il rientro a Milano segnarono il suo impegno nella Resistenza fino all’arresto da parte di agenti della SIPO (Sicherheitspolizei) nel novembre 1944 e alla successiva deportazione. Morì nel lager di Gusen il pochi giorni prima della Liberazione, all’età di quarantadue anni.

La militanza cattolica e il rifiuto immediato del fascismo  

Francesco Daveri nacque a Piacenza il 1° gennaio 1903 all’interno di una famiglia di modesta condizione e dalla forte impronta cattolica; il padre era impiegato presso la curia vescovile e i figli erano sette, due maschi e cinque femmine. Dopo le scuole elementari Francesco compi gli studi ginnasiali al seminario vescovile, venne poi ammesso al Collegio Alberoni ma, non sentendo per sé la vocazione religiosa, dopo un anno passò al liceo Gioia; completò gli studi alla facoltà di giurisprudenza in quel di Parma, dove si laureò nel corso del 1926. Nel 1928, assieme a Giuseppe Arata, coni il quale collaborerà anche durante la Resietnza,  aprì uno studio legale a Piacenza dove mise in luce la sua competenza di civilista. Si sposò con la bobbiese Margherita Castagna e con lei ebbe cinque figli.

Nel corso degli anni Venti militò dapprima nelle file della “Gioventù cattolica” e successivamente in quelle della FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana). All’interno di queste organizzazioni maturò il suo orientamento antifascista che ebbe modo di manifestarsi in occasione della consultazione plebiscitaria del 24 marzo 1929: mentre la quasi totalità dei cattolici piacentini (dando seguito alle sollecitazioni del “Nuovo Giornale” e del vescovo mons. Menzani) espresse un voto favorevole alla lista di quattrocento nomi predisposta dal Gran Consiglio del Fascismo, Daveri annullò la scheda riempiendola di scritte antifasciste.

Nel corso degli anni Trenta, accanto all’impegno all’interno dell’Azione Cattolica, diede una connotazione sempre più politica al proprio orientamento antifascista, entrando in relazione con il movimento “Azione guelfa” guidato da R. Malvestiti e G. Malavasi, ben radicato nella realtà milanese. Al di là delle traversie dei “guelfi”, duramente colpiti dall’apparato repressivo del regime, il suo posizionamento nell’ambito cattolico-democratico trovò una collocazione di respiro nazionale con la nascita, nell’ottobre 1942, della Democrazia Cristiana, di cui Daveri fu il primo segretario in quel di Piacenza.

L’impegno politico antifascista a Piacenza

Subito dopo la caduta del regime fascista (25 luglio 1943) fu autore di un gesto di ribellione che condizionerà non poco il suo successivo impegno politico: affacciato ad un balcone del palazzo della pretura di Bettola e alla presenza di numerose persone distrusse, assieme al collega Raffaele Cantù, un ritratto di Mussolini.

All’inizio dell’ottobre 1943 si costituì presso il suo studio il primo nucleo del CLN piacentino del quale entrò a fa parte come rappresentante del partito democratico-cristiano.

Nel nuovo contesto della guerra civile Daveri lavorò alacremente per avviare e supportare le prime forme di resistenza antifascista nel territorio della val Trebbia e della val Nure. Il diuturno impegno politico, celato dietro l’ufficiale attività avvocatizia, lo mise nel mirino degli apparati repressivi del Fascio repubblicano; da qui la scelta, avvenuta nel gennaio 1944, di entrare in clandestinità. Scelta alquanto tempestiva giacché il 30 gennaio 1944 venne emesso un ordine di cattura a suo carico per il summenzionato episodio di Bettola. In data 4 marzo 1944 il Tribunale Straordinario Provinciale si pronunciò sulla questione condannando Daveri e Cantù a cinque anni di reclusione.

Nel movimento resistenziale in Svizzera e a Milano

Pochi giorni dopo l’avvocato piacentino espatriò in Svizzera, più precisamente nel cantone del Ticino. Qui divenne un importante punto di collegamento tra i servizi segreti britannici e il movimento partigiano operativo nell’area dell’Emilia settentrionale. Nel corso dell’estate maturò la decisione di rientrare in Italia che gli avrebbe consentito, nella piena consapevolezza del rischio, una più concreto coinvolgimento nella lotta di Liberazione. Questo fondamentale passaggio nella militanza antifascista di Daveri è ben documentato da una lettera, datata 7 giugno 1944, inviata dal campo di Castel San Pietro di Loverciano alla moglie Margherita Castagna: “Anche qui in Svizzera non ho mancato un solo istante d’amarti, di desiderare di ricongiungermi alla donna più saggia, più tenera, più affettuosa che ho conosciuto: come pure mi ha sempre preoccupato la sorte tua e quella dei miei cari figli. Ma la passione della nostra patria è tanto forte e prepotente che non ho resistito alla tentazione di far qualcosa anche qui perché si affretti il dì della liberazione: oggi devo partire per l’Italia per una riunione: la preoccupazione di voi non mi trattiene perché so che bisogna osare: perdonatemi”.

Il trasferimento definitivo a Milano, sotto la falsa identità di Lorenzo Bianchi, avvenne agli inizi del luglio 1944. Numerosi furono gli incarichi di tipo organizzativo e politico a lui assegnati dal CLNAI, oltre alla nomina a ispettore militare per l’Emilia settentrionale.

Dopo essere stato  il promotore della nomina dell’anachico Emilio Canzi al vertice del Comando Unico  partigiano provinciale, mantenne intensi rapporti epistolari con lui e con altri esponenti del del movimento partigiano piacentino, fornendo informazioni ed orientamenti e procurando lanci aerei dagli Alleati. Fra il 17 ed il 21 ottobre tornò nel Piacentino e partecipò ad una riunione a Bettola del CLN e del CU, nella quale il suo interento valse a superare le tensioni che si erano determinate fra le componenti politiche di quegli organismi.

Per il suo acume e la sua autorevolezza, nel settembre 1944, in vista della fine della guerra e del fascismo che a quel tempo apparivano prossime, dal CLN piacentino era stato unitariamente designato come futuro prefetto della provincia.

La prigionia, la deportazione e la morte

Il 18 novembre 1944 Lorenzo Bianchi (ovvero, Francesco Daveri) venne arrestato a Milano, probabilmente in seguito ad una delazione, all’interno di un edificio sito in via Sandri da membri della polizia di sicurezza tedesca (SIPO). Tradotto nel carcere di San Vittore, fu sottoposto a pesanti interrogatori e successivamente condotto nel lager di Bolzano-Gries (16 gennaio 1945) e infine in quello di Mauthausen, più precisamente nel sottocampo di Gusen II (17 febbraio). Il regime di lavori pesanti vigente in quel luogo minò rapidamente il suo stato di salute e ne causò il decesso avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 aprile.

All’avvocato piacentino è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare “alla memoria”.

L.O.

Bibliografia

  • Donati Luigi, Ricordo di Francesco Daveri, Del Maino, Piacenza 1955.
  • Forlani Alessandro, Francesco Daveri (1903-1945) un cristiano per la libertà, Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano, Piacenza 1993.
  • Oltremonti Claudio, Francesco Daveri, Scritture, Piacenza 2023.

Documenti collegati

Tre lettere di Francesco Daveri, a cura di Luciano Orlanini