Chi erano i partigiani piacentini?
I numeri ci raccontano che, tra gli 8.679 resistenti ufficialmente riconosciuti, il 94,6% erano uomini, ma c’era anche un importante 5,4% di donne, pari a 469. Però molte altre donne, che pure, se non come partigiane combattenti, hanno concorso alla Resistenza a rischio della propria vita come organizzatrici, infermiere, staffette, non hanno ricevuto il riconoscimento che meritavano.
L’età media dei partigiani e delle partigiane era sorprendentemente giovane: meno di 24 anni. Il gruppo più numeroso i diciannovenni del 1925, circa 1.200, che avevano disertato dalla chiamata alle armi della Repubblica di Salò e scelto la lotta partigiana. Ma la Resistenza non fu solo un movimento di giovani e ha unito generazioni diverse: il 3,7% dei partigiani aveva tra i 44 e i 67 anni. Questi “vecchi antifascisti”, nati tra il 1877 e il 1900, portarono esperienza e visione, guidando il movimento non solo sul piano militare ma anche su quello ideale.
Non tutti i partigiani riconosciuti nel piacentino erano originari del territorio. Circa 1.700 provenivano da altre province italiane. E c’era anche una componente internazionale: ex-prigionieri di guerra stranieri e perfino soldati della Wehrmacht che si erano uniti ai partigiani contro il nazifascismo.
Il livello d’istruzione dei resistenti ci dice che la Resistenza fu un movimento di ceti popolari, con la maggior parte dei partigiani aventi al massimo la licenza elementare. Tuttavia, tra loro c’erano anche intellettuali, studenti, insegnanti e liberi professionisti, che hanno avuto un ruolo trainante nel guidare e organizzare il movimento.
La classe operaia e i lavoratori dipendenti manuali rappresentavano il 38,7% dei resistenti, seguiti da esponenti del mondo agricolo (21,6%), impiegati (11,1%), artigiani (8,2%) e intellettuali (8,3%). L’adesione al movimento, quindi, proveniva soprattutto dai centri urbani e dai luoghi di lavoro, come fabbriche e uffici. Eppure, anche nelle campagne dove la società era più conservatrice, molti braccianti e contadini scelsero di unirsi alla lotta per la libertà.
Ecco perché possiamo dire che la Resistenza fu anche un momento di emancipazione sociale: per una società ancora largamente analfabeta, la partecipazione al movimento partigiano rappresentò una rottura rispetto alle rigide gerarchie imposte dal fascismo. Fu una lotta non solo contro l’occupazione, ma anche per il diritto a un futuro diverso, più giusto e democratico.
Età dei combattenti partigiani e resistenti attivi
Coloro che hanno partecipato attivamente alla Resistenza, hanno poi avuto, sulla base della documentazione presentata nel corso del 1946 ad apposite commissioni ministeriali, il riconoscimento ufficiale delle qualifiche partigiane di “combattenti partigiani”, o di “patrioti”, o di “benemeriti” (vedi organizzazione e consistenza dei partigiani piacentini).
Alla voce “Elenco e dati partigiani piacentini” di questa enciclopedia è consultabile il data base di coloro che hanno partecipato alla Resistenza in provincia di Piacenza e ne sono stati ufficialmente riconosciuti nel 1946, più alcune aggiunte successive.
Non per tutti i nominativi i dati personali sono completi, in particolare quelli relativi alla professione ed al titolo di studio, per cui, qui, dalle percentuali calcolate sui dati presenti si sono derivati i numeri complessivi approssimativi degli appartenenti alle diverse fasce.
Assumendo come anno di riferimento quello centrale della lotta di Liberazione, il 1944, risulta che l’età media degli uomini è di 23 anni e 9 mesi, quella delle donne di 23 anni e 11 mesi.
anno di nascita | Età | percentuale | numero |
1877 ÷ 1900 | 67 ÷ 44 | 3,7 % | ~ 321 |
1901 ÷ 1910 | 43 ÷ 34 | 8,5 % | ~ 735 |
1911 ÷ 1920 | 33 ÷ 24 | 26, 1% | ~ 2.062 |
1921 ÷ 1926 | 23 ÷ 18 | 55,3 % | ~ 5.210 |
1927 ÷ 1931 | 17 ÷ 13 | 6,3% | ~ 574 |
Il 40% , circa 3.500, nati fra il 1923 e l’agosto 1926 , avevano ricevuto, dopo l’8 settembre 1943, quali nuove leve militari, la cartolina precetto di arruolamento nel nuovo esercito della fascista Rsi, per continuare a fare la guerra a fianco della Germania nazista. Circa 2.800, nati fra il 1914 ed il 1922, erano stati richiamati in servizio dopo aver fatto già almeno tre anni di guerra ed essere riusciti a sfuggire alla cattura e deportazione in Germania. E’ proprio l’adesione alla Resistenza di queste migliaia di i renitenti all’arruolamento fascista che assicura dimensioni di massa al movimento partigiano di liberazione. Fra il migliaio di resistenti più anziani, quelli nati entro il 1910, si trovano invece i vecchi antifascisti che svolgono un ruolo decisivo nell’avviare il movimento di Resistenza e nell’orientarlo sul piano ideale e politico.
Provenienza territoriale
Dei 8.679 resistenti attivi nel territorio piacentino circa il 20%, quindi 1.700 ÷ 1.800, provengono da altre province, quasi da tutte le regioni d’Italia, dal Friuli alla Sicilia.
I gruppi partigiani che si sono formati sull’Appennino piacentino hanno infatti costituito elemento di richiamo per i renitenti e gli antifascisti di territori confinanti e di aree della Val Padana nelle quali sarebbe stato impossibile l’insediamento di formazioni partigiane: circa 300 quelli provenienti dai comuni lombardi rivieraschi al Po. Si sono uniti alla Resistenza piacentina anche diversi militari presenti il 9 settembre nelle caserme del capoluogo e sfuggiti alla cattura tedesca. Sono inoltre passati fra i partigiani molti appartenenti all’Arma dei carabinieri e della Pubblica sicurezza e circa 200 alpini della Divisione Monterosa della Rsi che erano stati addestrati in Germania e inviati nell’agosto del ’44 a riconquistare la Val Trebbia.
Un rilevante contributo alla lotta partigiana nel territorio piacentino è dato anche da comandanti e combattenti di origine straniera. Di questi solo una trentina sono stati inseriti fra i “partigiani riconosciuti” perché l’istruttoria relativa è stata svolta nel 1946 quando erano generalmente rientrati nel proprio Paese. Il loro numero effettivo è indicato nelle voci “militari stranieri da prigionieri a partigiani” e “Dalla Wehrmacht a partigiani”.
Discretamente proporzionale alla popolazione il contributo alla Resistenza delle diverse aree della provincia. La popolazione del comune di Piacenza che durante la Seconda guerra mondiale ha circa 70.000 abitanti, pari al 23,7 % dei 295.00 dell’insieme della provincia, contribuisce con la stessa quota al movimento di Liberazione.
Formazione scolastica
Degli 8.679 nominativi del data base sono registrati gli studi scolasti di soli 5.261, residenti essenzialmente in provincia di Piacenza. Di questi si è calcolata la percentuale degli appartenenti alle diverse fasce e poi derivato i numeri complessivi relativi agli 8.679 resistenti, numeri da considerare però approssimativi.
Le percentuali sono messe a confronto con quelle della popolazione piacentina, a partire dai 16 anni di età, al censimento 1951, pur scontando qualche distorsione, quale la percentuale degli analfabeti, perché quelli del censimento sono dati ufficiali/formali mentre gli altri sono dati dichiarati nelle domande di riconoscimento delle qualifiche partigiane.
Formazione scolastica dei partigiani | percentuale | numero | Cens.to popolazione 1951 |
Analfabeti | 0,0 1% | ~ 85 | 6,3 % |
Frequenza scuola elementare | 21,7 % | ~ 1.880 | 8,0 % |
Licenza di scuola elementare | 51,4 % | ~ 4.468 | 75,6 % |
Licenza scuola avviamento professionale | 12,6 % | ~ 1.090 | |
Diploma scuola media | 5,4 % | ||
Diploma scuola media inf. e studenti ist.sup. | 6,8 % | ~ 590 | |
Maturità/abilitazione scuole medie superiori | 3,5 % | ~ 302 | 3,8 % |
Studenti universitari | 2,3 % | ~ 299 | |
Laureati | 1,5 % | ~ 130 | 0,8 % |
Il quadro della formazione scolastica della popolazione piacentina al censimento 1951 evidenza una società costituita per il 90% da ceti popolari che al massimo avevano potuto accedere alla scuola elementare e a corsi di avviamento professionale per operai e dattilografe. Il regime fascista aveva infatti congelato la società italiana bloccando ogni processo di emancipazione sociale: la scuola media inferiore, a cui si poteva accedere solo con un impegnativo esame di ammissione e nella quale era fondamentale lo studio del latino, era posta in pratica come barriera fra questi ceti e quelli superiori tutelati dal regime.
Sono i ceti sociali popolari a costituire il corpo del movimento partigiano di liberazione dal fascismo, in particolare la classi di giovani che il fascismo aveva portato nell’inferno della Seconda guerra mondiale e che i fascisti di Salò volevano ancora precipitare in quell’abisso. Molto significativa è però anche l’adesione al movimento partigiano di esponenti di quell’altro 10% della società, in misura anzi più consistente della loro percentuale nella popolazione piacentina, fra cui molti studenti delle scuole medie superiori e universitari.
Condizione sociale/professionale
Anche i dati sula condizione sociale/professionale sono presenti solo per 5.181 degli 8.679 nominativi del data base. Siccome anche questi sono riferiti essenzialmente a residenti in provincia di Piacenza ed offrono un quadro significativo della loro condizione sociale, dei 5.151 è qui indicato il numero degli appartenenti alle diverse categorie, mentre dalle percentuali relative vengono derivati numeri complessivi riferiti all’insieme degli 8.679 resistenti, numeri però da considerare solo indicativi.
Condizione sociale /professionale | sui dati presenti | % | su tutti |
Mondo agricolo (fra cui 371 agricoltori, contadini, 180 salariati, 110 braccianti) | 1.119 | 21,6 % | ~ 1.901 |
Operai / lavoratori manuali (fra cui 458 meccanici, 386 autisti, 368 manovali, 268 muratori, 40 ferrovieri) | 2.006 | 38,7 % | ~ 3.412 |
Occupati in attività impiegatizie (comprese i diplomati libero professionisti) | 575 | 11,1 % | ~ 966 |
Intellettuali – laureati, insegnati, studenti, artisti – (fra cui 263 studenti, 48 maestri, 28 maestre, 28 medici, 16 sacerdoti) | 430 | 8,3 % | ~ 721 |
Artigiani (fra cui 74 falegnami, 58 elettricisti, 47 barbieri, 36 sarti, 34 fabbri) | 423 | 8,2 % | ~ 718 |
Militari di professione (almeno 174 fra Arma dei carabinieri e Polizia) | 280 | 5,4 % | ~ 472 |
Commercianti (compreso ambulanti) | 259 | 5,0 % | ~ 434 |
Casalinghe | 72 | 1,4 % | ~ 123 |
Possidenti /industriali | 18 | 0,3 % | ~ 26 |
Complessivi | 5.181 | 8679 |
Un movimento partigiano di ceti popolari e ‘forze intellettuali’
Avendo presente che al tempo la popolazione attiva è assorbita per circa il 50% dal settore agricolo e per il restante da quello industriale e terziario, Il quadro della condizione sociale/professionale dei protagonisti della Resistenza evidenzia una quota proporzionalmente più limitata di appartenenti al mondo agricolo: salariati, braccianti e componenti delle famiglie di agricoltori/contadini del territorio appenninico.
E’ invece nei centri urbani, grandi e piccoli, soprattutto nelle fabbriche ma anche negli uffici, fra i giovani ancora impegnati negli studi medi superiori e universitari, che si amplia maggiormente la decisione di scendere in campo, di organizzarsi, armarsi o comunque agire contro l’occupazione nazista ed il regime fascista. La scelta matura anche all’interno di corpi armati professionali, fra i carabinieri, gli agenti di polizia, sottufficiali e ufficiali rimasti, alla costituzione della Rsi, inizialmente al loro posto.
Quelli che nella classificazione sono stati definiti ‘intellettuali’ – avvocati, insegnanti, medici, studenti – hanno contribuito, assieme ai vecchi antifascisti, a promuovere e a trainare l’adesione al movimento di Liberazione. Nella categoria degli ‘intellettuali’ e in quella delle ‘attività impiegatizie’ sono stati conteggiati anche un centinaio di ex ufficiali di complemento del regio esercito, renitenti anch’essi al richiamo in servizio nelle forze armate della Rsi e aderenti invece al movimento partigiano nel quale diversi assumono il comando delle formazioni combattenti.
S. G – R. R.