Le staffette partigiane

Pierina Tavani “Stella”

Nel movimento partigiano il recapito di stampa clandestina, rapporti militari, documenti falsi, medicinali, armi e munizioni, in particolare dalla citta e dai centri della pianura, quindi dal CLN provinciale e dalle squadre dei sappisti, alle formazioni partigiane dislocate nel territoio appenninico, richiede un grande numero di corrieri, che spesso si muovono in bicicletta, percorrendo grandi distanze.

A questo compito vengono frequentemente destinate le donne, nella convinzione che la figura femminile possa destare minore sospetto e passare con maggiore facilità perquisizioni e posti di blocco.

Le staffette sono fondamentali nella costruzione di una rete di collegamento tra le forze partigiane: sono loro a trasmettere direttive e ordini, ad informare circa rastrellamenti e movimenti nemici, e ad accompagnare in montagna coloro che decidono di unirsi alla Resistenza.

Reti di staffette uniscono Piacenza ai centri direzionali della lotta partigiana, in particolare Milano, sede del CLN Alta Italia, e Parma, dove si riuniscono i responsabili del Comando Militare Nord Emilia.

Nel dopoguerra, queste funzioni di collegamento hanno trovato uno scawqsazrso riconoscimento, ed in particolare è stato svalutato l’apporto femmile, in conseguenza della tradizionale visione delle donne in ruoli subalterni, tanto è vero che per gli uomini si è parlato e scritto spesso di “ufficiali di collegamento”, per le donne di “staffette portaordini”.

Ciononostante, la memorialistica ci ha consegnato alcuni ritratti di donne particolarmente rilevanti nella logistica partigiana. Medarda Barbattini “Medina”, operaia dell’Arsenale e militante comunista, che assicura i contatti fra l’organizzazione piacentina del Pci e il centro dirigente del partito presente clandestinamente a Milano.

Catturata e torturata dagli uomini dell’Ufficio Politico Investigativo della GNR diretto da Filippo Zanoni, viene deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück. Al termine del conflitto fa ritorno a Piacenza dove sarà dirigente dell’Unione Donne Italiane e prima donna eletta in Consiglio comunale, nel marzo 1946.

Altra leggendaria collegatrice è Pina Passerini “Lucetta”, che lavora al servizio del Comando Unico di Emilio Canzi, raggiungendo spesso i vertici del movimento partigiano di Milano con relazioni sulla situazione delle truppe nemiche, richieste di materiali aviolanciati per le formazioni piacentine e relazioni militari.

Come per molte altre donne destinate a questo tipo di incarichi, Passerini è particolarmente abile nel camuffarsi per passare inosservata e sviare le segnalazioni.

Bruna Tizzoni (nomi in codice “Violetta” e “Anna Conti”), impiegata presso lo studio di Francesco Daveri, è un’agente del Servizio Informazioni Nicoletti, per conto del quale compie almeno undici diverse importanti missioni in Svizzera, dove è in contatto con l’intelligence alleata. Il trasporto di cifrari e rapporti da lei messo in atto è fondamentale nel consentire il collegamento radio tra formazioni partigiane e Alleati e nell’organizzare lanci di armi e munizioni nel piacentino.

Il numero delle donne che si impegnano nella Resistenza come staffette partigiane è difficile da quantificare. Molte nel dopoguerra non richiedono o non ottengono il riconoscimento della qualifica, perché il loro ruolo è considerato, a torto, secondario rispetto a quello dei combattenti. Tuttavia, in anni recenti, diverse partigiane sono state importanti nel raccontare alle giovani generazioni il lavoro delle staffette. Tra loro, un ruolo importante hanno avuto  Claudia Catelli “Cicci”, di Lugagnano, della 38a Brigata Garibaldi, e Pierina Tavani “Stella” di Caorso, della 62a Brigata Garibaldi, formazioni partigiane dislocate in Val d’Arda.

Pierina Tavani, prelevata di notte dalla sua casa di Caorso nell’agosto ’44 da militi della Legione Muti aveva anche subito un periodo di carcere e pesanti interrogatori nella caserma di Cremona di quel corpo militare fascista .

I. M.

Fonti e bibliografia

  • Archivio Centro Documentazione Donna (Modena), Fondo Gina Borellini, Serie 2 Attività e ricerca, b. Commissione regionale “Donne e Resistenza Emilia-Romagna”.
  • Artocchini Carmen, Le donne piacentine e la Resistenza, Estratto del bollettino storico piacentino, gennaio-giugno 1976, pp. 21-33.
  • Cerri Maria Luisa, Le donne nella lotta armata nel Piacentino, TEP, Piacenza, 1980.
  • Chiapponi Anna, Piacenza nella lotta di Liberazione, Tipografia Nazionale, Piacenza, 1976.
  • Meloni Iara, Memorie resistenti. Le donne raccontano la Resistenza nel Piacentino, Le Piccole Pagine, Piacenza, 2014.
  • Pieroni Bortolotti Franca, Le donne nella Resistenza antifascista e la questione femminile in Emilia-Romagna 1943-1945, Vangelista, Milano, 1987.